2 pensieri su “Dal web a Platone…

  1. Secessionista

    Forse lo ha già detto qualcun altro meglio di come farò io, ma credo che il linguaggio sia imprescindibile dall’idea stessa di coscienza individuale (niente dialogo, zero coscienza di esistere). Se, per ipotesi, si facessero crescere degli esseri umani senza insegnar loro il linguaggio, ma solo a seguire determinati condizionamenti (anche complessi), il risultato probabilmente sarebbero “animali umani” funzionali a vari compiti, ma non consapevoli di sè. Perché ho fatto questa tirata sul linguaggio? Perché data per acquisita la capacità “plastica” delle reti informatiche e quindi la positiva proliferazione della conoscenza, ciò che invece pavento è la loro incorporeità materiale. Se in un prossimo futuro Fahrenheit 451 i libri fossero solo bit, sarebbe possibile salvarli dai solerti pompieri?

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    1. Luigi Bonfante Autore articolo

      Il concetto di coscienza è un maelstrom da cui il povero deepsurfer potrebbe non uscire più…
      Mi limito ad osservare che il linguaggio non ha ovviamente nulla da temere dal web.
      Diverso è il problema dell’obsolescenza digitale: per un verso è il problema che hanno sempre avuto i supporti materiali della scrittura, per un altro è un problema nuovo che attende soluzioni nuove. In teoria mi pare che la conoscenza in Rete sia più al sicuro dai pompieri di Fahrenheit 451, ma bisogna stare attenti ai grandi monopolisti del sapere come Google. “Nella biblioteca di Babele (di Borges) l’Uomo del Libro è un mito, un pericoloso oggetto di venerazione. Nelle nostre vite, Google sta rapidamente assumendo lo stesso ruolo” (Siva Vaidhyanathan, La grande G. Come Google domina il mondo e perché dovremmo preoccuparci).

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